Alimenti delattosati, quali sono e come vengono prodotti

Il latte e i suoi derivati contengono lattosio, ma cosa è il lattosio e in quali altri alimenti si trova? Perché crea problematiche al nostro organismo in soggetti sensibili? E altre piccole tips sul mondo degli zuccheri presenti negli alimenti. Torna l’appuntamento con il nostro tecnologo alimentare che ci dà qualche utile consiglio su cosa e come scegliere tra i prodotti delattosati.

Allergene latte e lattosio, quali sono le differenze

Il lattosio è un così detto disaccaride ossia uno zucchero composto da unione di due zuccheri semplici ossia glucosio e galattosio. Questa tipologia di zucchero in soggetti predisposti può causare diverse problematiche a livello intestinale che possono causare crampi o sintomi come stitichezza, dissenteria e altre problematiche poco piacevoli. L’intolleranza al lattosio è molto comune e può insorgere in diverse fasi della vita. Può esservi una intolleranza genetica che quindi si manifesta sin dalle prime fasi di vita, oppure può insorgere in età adulta oppure essere di natura transitoria e col tempo svanire. Questa sintomatologia è legata alla cattiva digestione dello zucchero lattosio e dall’incapacità del nostro organismo di produrre in maniera sistematica o per un periodo di tempo (a seguito di particolari condizioni cliniche) gli enzimi che svolgono questo lavoro ossia le lattasi. Gli enzimi non sono altro che delle proteine naturalmente prodotte dal nostro organismo che vanno a scindere quindi spezzare in unità più semplici quello che ad esempio noi ingeriamo nella nostra alimentazione.

Da non confondere con questa problematica è l’allergia al latte. Infatti come ben sappiamo il latte e nella lista dei 14 allergeni a cui le persone allergiche appunto devono assicurarsi di stare ben lontane per non incorrere in problematiche ben più serie rispetto ai sintomi fastidiosi che può provocare una intolleranza al lattosio.

L’allergia si differenzia dall’intolleranza non per mancanza di un qualche enzima ma perché il nostro organismo in soggetti predisposti riconosce quelle tipologie di proteine come “nemiche” quindi innesca processi di tipo infiammatorio senza alcuna ragione e mette il soggetto allergico in serio pericolo. Questi sintomi possono manifestarsi appena dopo l’ingestione dell’alimento come problemi digestivi, difficoltà a respirare o più tardivi come pruriti, coliche ed eruzioni cutanee. Questa condizione va sempre valutata dal medico che diagnosticherà con appositi esami l’allergia.

Latte come alimento e come ingrediente

Torniamo ora nella fase non patologica quindi di semplice intolleranza al lattosio e vediamo l’alimento latte nella sua interezza. Per definizione il latte è il liquido secreto dalle ghiandole mammarie dei mammiferi ed è un ottimo alleato nella alimentazione poiché apporta proteine, grassi e sali minerali ed è estremamente versatile nel consumo sia nella colazione che negli spuntini. All’interno degli alimenti viene utilizzato spesso come ingrediente per la produzione di dolci ma nel suo formato in polvere anche in alimenti come insaccati, prodotti da forno etc.

Nel caso degli insaccati il latte (in questo caso in polvere) fornisce gli zuccheri necessari per innescare fermentazione lattica che poi andrà a favorire lo sviluppo di muffe superficiali per la stagionatura dei salumi. Nei prodotti da forno aggiunte di latte in polvere in percentuale sulla ricetta migliorano la texture del prodotto finale, la sofficità e la colorazione rendendo in generale il prodotto più appetibile all’occhio e al palato del consumatore.

Nulla di preoccupante comunque in commercio esistono diverse linee di prodotto che garantiscono assenza di latte e quindi di lattosio all’interno delle ricette. Per quanto riguarda i salumi stagionati come dicevamo molto lattosio viene scisso e fermentato in fase iniziale ma se non si vuole incorrere in rischi vi sono marchi che producono specifiche referenze senza questo ingrediente basta leggere in etichetta. Altro discorso sono i salumi cotti invece, dove il lattosio permane anche dopo tutto il processo di cottura e quindi è bene leggere in etichetta che vi sia specificata l’assenza di questo zucchero.

Anche per latte e latticini il problema non si pone, l’importante è leggere bene in etichetta i claims che indicano il prodotto senza lattosio o a ridotto contenuto.

A normare questa questione in campo alimentare vi è il Reg.UE n.609 del 2013 in merito alle diciture degli alimenti “senza lattosio” e/o a “ridotto contenuto di lattosio”. La differenza quantitativa è che per essere identificato come “senza lattosio” il prodotto finale deve contenere meno di 0,1g di lattosio su 100g o 100ml di prodotto, mentre, per essere identificato come “a ridotto contenuto di lattosio” non deve superare gli 0,5g di lattosio su 100g o 100ml di prodotto. Questo Regolamento è complementare al capostipite Reg.UE 1169/11 che regolamenta tutto il comparto dell’etichettatura alimentare in cui viene stabilito l’obbligo di riportare in etichetta in maniera chiara la presenza di sostanze con effetti allergenici o sensibilizzanti.

Nel processo industriale come accennato in precedenza non si fa altro che addizionare questo enzima “lattasi” e lasciarlo agire per il tempo opportuno a scindere i legami del lattosio. La cosa che si potrebbe notare sensorialmente è l’incremento di dolcezza nel prodotto delattosato rispetto a quello convenzionale. Tutto normale, infatti i due zuccheri che compongono il lattosio presi singolarmente hanno un potere dolcificante maggiore quindi, il prodotto delattosato potrebbe risultare al palato del consumatore “più dolce”.

Capitolo formaggi. Come dicevamo le lunghe stagionature favoriscono l’assenza totale del lattosio nel prodotto finito. Ecco perché non è sconsigliato a chi soffre di questo disturbo il consumo di:

-Parmigiano stagionato 24 mesi o oltre

-Pecorino a 24 o 36 mesi di stagionatura

– Fontina, Groviera, Asiago etc.

Fod map cosa sono?

Parlando sempre di zuccheri e di intolleranze legate ad essi, una curiosità può essere legata ad una “nuova” tipologia di dieta, intesa come stile di vita a tavola e non solo per chi soffre di colon irritabile. In particolari soggetti l’assunzione di mono, disaccaridi, polisaccaridi viene poco tollerata e non essendo ben metabolizzati dall’intestino fermentano in esso provocando irritazione, gonfiore e stati infiammatori. L’acronimo FOD MAP deriva dall’inglese ed ogni lettera sta ad indicare specifiche strutture di zuccheri tra cui composti come fruttosio, lattosio, polioli (mannitolo, sorbitolo) ed alcune fibre (fruttani/FOS e GOS/galattoligosaccaridi) naturalmente presenti in determinati alimenti, ma che contribuiscono ai sintomi di chi soffre di disturbi intestinali.

La dieta LOW FOD MAP nasce da studi Australiani di medici gastroenterologi che hanno messo a punto un piano nutrizionale per chi soffre di questo specifico disturbo. Lo scopo è quello di fare una sorta di “disintossicazione” da questi zuccheri per un tempo sufficiente e successivamente introdurre gradualmente quantità sempre crescenti di questi composti per vedere il livello di tolleranza a questi ultimi. Una volta stabilito si studia un piano nutrizionale ad hoc con quelle specifiche quantità di zuccheri che non creano problemi all’individuo.

Sempre più sta crescendo l’interesse anche per questa tipologia di intolleranza e molte start-up si stanno attivando per mettere in campo gamme di prodotto specificatamente studiate per poter soddisfare la platea di consumatori che soffre di colon irritabile che altrimenti, dovrebbero privarsi o stare molto attenti al consumo di dolci, panificati, pasta, bevande zuccherine e snacks.

Affettati in vaschetta, quali scegliere?