A Montepulciano apre INDIGENO – CUCINA TERRESTRE. Un ristorante in cantina Un VIAGGIO SOSTENIBILE nel cuore della Val di Chiana, dove tutto ciò che si mangia e si beve cerca di far del bene all’ambiente. Un LABORATORIO APERTO. Un’ESPERIENZA TOTALE fuori dal comune dove l’ospite diventa coautore. Tutto nasce da un’idea di Salcheto Winery e noi ve lo raccontiamo.
Avete mai pensato ad un ristorante dove la tua critica non è una scocciatura ma la potreste ritrovare in un piatto la volta successiva? Bene, questo ristorante ora esiste, si tratta di Indigeno – cucina Terrestre, nato da un’idea della Cantina Salcheto, con la consulenza in cucina di Paolo Parisi, ed è un vero e proprio laboratorio di persone e valori, dove l’ospite più che mai è protagonista.
L’esperienza dopo il menu si completa poi nella quiete degli appartamenti della SALCHETO WINEHOUSE, uno splendido casolare del 1200 all’interno della tenuta vinicola, dove vivere in pieno relax la campagna Toscana tra le più belle colline della Val d’Orcia e della Val di Chiana.
Indigeno – Cucina Terrestre, l’idea
Indigeno – Cucina Terrestre è un nuovo format ristorativo dal nome che è tutto un programma. Territorio (in senso ampio, terrestre), Sostenibilità, Condivisione, Divertimento e Creatività sono le parole chiave del progetto. Siamo di fronte ad un vero e proprio laboratorio aperto, (riduttivo chiamarlo solo ristorante) dove anche il cliente diventa parte del team, contribuendo al perfezionamento del progetto gastronomico. E da questo punto di vista Indigeno diventa un progetto ambizioso, chiedendo una mano agli ospiti: il cliente è è infatti chiamato a dire la sua, partecipando alla creazione dell’esperienza, come una sorta di rifinitura.
“Abbiamo pensato che la condivisione debba essere centrale. Soprattutto dopo un periodo nel quale abbiamo condiviso così poco ma nel quale sognavamo una vera e propria occasione per rinascere in maniera diversa per davvero. L’idea è semplice: ci abbiamo messo dentro tutti gli ingredienti legati a territorialità, filiere corte e lotta allo spreco, ma anche i più sofisticati strumenti di contrasto al degrado ambientale del pianeta ed alla crescita sociale delle sue comunità, e d’ora in avanti vogliamo metterci all’ascolto, non solo di colleghi ed accademici, ma proprio di tutti. E se voi verrete a mangiare qui e condividerete direttamente con noi le vostre opinioni (quello che vi piace e quello che non vi piace, ma anche quello che fareste voi al posto nostro), riceverete sempre un regalo firmato Salcheto e sarete i nostri ospiti privilegiati a vita. Noi dal canto nostro ci impegniamo a non smettere mai di crescere, innovare e condividere, facendo tesoro dei vostri consigli per non deludervi quando tornerete. Parola d’Indigeno”, spiega Michele Manelli, fondatore e winemaker di Salcheto.
Il viaggio sostenibile al ristorante
Con Indigeno – Cucina Terreste l’azienda vitivinicola vuole dire la sua. Partendo dalla base, rimettendo al centro le cose primordiali. Come il pane, per esempio. Da Indigeno tutto gira intorno al pane, all’idea di panificazione ‘confortante’, che trasmette calore, il profumo della tradizione, di casa, attraverso l’utilizzo di grani antichi, più salubri, per un prodotto finito gustoso e altamente digeribile. La lievitazione e la fermentazione sono centrali per questo nuovo format ristorativo, perché non solo sono concetti legati al cibo, ma fanno riflettere sul cambiamento, sul tempo, sull’attesa e sulla sorpresa, tutte parole molto importanti per Indigeno.
Ma Indigeno non è solo parole. Il concept è fortemente legato all’idea di cosa si può veramente costruire ‘con’ e ‘per’ il territorio, alla sostenibilità e alla creatività, in pieno stile Salcheto. Il pasto non è il classico, quello scandito da primo, secondo, contorno, ecc… ma il percorso diventa più creativo e divertente. La sostenibilità è centrale. D’altronde Salcheto è tra le cantine più green che ci siano, con oltre 2 milioni e 300mila Kg di CO2 evitati in dieci anni (l’equivalente di circa 3.300 alberi messi a dimora), oltre 1 milione e 100mila Kwh di energia risparmiati e una coltivazione che segue il metodo biologico certificato Ue.
E gli stessi principi sostenibili sono alla base della costruzione del menu di Indigeno, che si fonda su cinque focus: l’orto e il foraging, l’azienda raccoglie giornalmente erbe e piante spontanee e approvvigiona la cucina con i suoi due grandi orti; la carne da cacciagione e da allevamento da cortile, come l’oca e il cinghiale, animali per i quali non è previsto un dispendio energetico impattante per l’allevamento, e che vivono ‘pulendo’ le vigne e la campagna circostante; il lago, con il suo pesce (come la Carpa Regina) proveniente da pesca non invasiva grazie al lavoro di cooperative della zona, le sue erbe e i suoi legumi (come la fagiolina del Trasimeno); il fritto, inteso anche come ‘riciclatore di scarti’, nel senso nobile del termine (bucce di carote e patate o resti di tagli di carne e pesce). Perché si sa, “l’importante è che sia fritto”; i salumi e i formaggi, tutti selezionati con cura e provenienti da filiere controllate.
In cucina, in sala e …
In cucina la consulenza è quella di Paolo Parisi, nome importante per la gastronomia italiana contemporanea e vista la lunga collaborazione con Salcheto perfettamente in linea con i principi di casa, condividendone lo stesso spirito. Paolo è un cuoco che nasce come allevatore, è ossessionato dalla qualità, dalla filiera e dalla sostenibilità, si presta al food design, ha una grande passione per la panificazione ‘radicale’, inventa attrezzi da cucina e il suo lavoro è sempre spinto da un’enorme apertura mentale e dalla voglia di innovare.
Domodimonti, la cantina invisibile e i suoi vini sostenibili
Il nuovo ristorante Indigeno – Cucina Terrestre sorge in una sala dove spiccano tre grandi tavoli in condivisione (per un totale circa 50 coperti interni) realizzati con il tronco di una quercia del Monte Amiata. Gli arredi sono realizzati con materiali di risulta provenienti dalla cantina, trasformati e riutilizzati per il locale, in pieno spirito circolare e sostenibile. Nell’estate si aggiungerà poi il suggestivo dehor (circa 40 coperti esterni)immerso tra il verde e le vigne, con un wine-bar centrale, grandi teli a copertura recuperati da un centro velico del Lago Trasimeno, e tavoli e sedie realizzate con plastica riciclata in maniera artistica.
Oggi il casolare accoglie 6 stanze ed un salone con cucina, arredati da Elisa Cavani di Manoteca, dove vivere l’esperienza della campagna toscana attraverso tante prospettive, a partire dalla cultura del bello, del vino e del relax. Il tutto con l’amore per la tutela della natura circostante: per esempio nel giardino attrezzato sono a disposizione degli ospiti vasche riscaldate a legna. Il soggiorno qui da Salcheto non finisce di sorprendere e può regalare altre esperienze: corsi di cucina e foraging, wine tasting (anche da bendati), percorsi in bici elettrica tra le colline o una passeggiata attrezzata nella tenuta che diventa un piccolo museo a cielo aperto.