Un bancone in laminato, sei sgabelli, due agitatori d’aria a soffitto, un vecchio ritratto a mo’ di immagine votiva che raffigura Pelé nel poderoso stacco di testa su Tarcisio Burgnich nella (per noi) maledetta finale Brasile – Italia di Mexico ‘70, un bel cesto pieno di frutta fresca ed una grande caffettiera in acciaio inox che emana un forte profumo di caffè. Ecco l’arredamento di questa lanchonete, minuscola caffetteria come se ne trovano praticamente in tutti gli angoli di Rio de Janeiro.
La vecchia radio trasmette una delle numerose versioni del successo più famoso della bossa nova degli anni sessanta: Garota de Ipanema (“La ragazza di Ipanema”). È piacevole ascoltarla in questo locale: mi trovo nell’elegante quartiere di Ipanema, non lontano dal Bar Veloso sul litorale davanti al quale ogni mattina passava Helô Pinheiro, la ragazza quindicenne che ispirò Vinicius de Moraes, l’autore di questa canzone. Sono le otto e trenta del mattino di una calda giornata di gennaio. Il sole è già alto e tre clienti sorseggiano il primo cafesinho della giornata, con gli occhi persi nell’oceano che riecheggia in fondo alla strada.
Cafesinho (“caffettino” in portoghese), è il nome con cui i brasiliani chiamano tradizionalmente il caffè. Una bevanda dal gusto amaro e leggermente acido, servita molto lunga ma bollente, dopo una lenta percolazione. I carioca lo prendono con uno o due cucchiaini di zucchero o con qualche goccia di latte, alcuni aggiungono addirittura un po’ d’acqua. «È lo stesso caffè che si beveva agli inizi dell’800 quando le piantagioni hanno iniziato a svilupparsi, prima nello Stato di Rio de Janeiro, poi nelle regioni confinanti», mi spiega in uno stentato italiano Fabrìcio, l’affabile proprietario (che scopro casualmente essere di lontane origini padovane) di questa antiquata lanchonete. «Se ne consuma ovunque e a tutte le ore del giorno e della notte» mi dice.
In effetti, a Rio ogni occasione è buona per un cafesinho. Al mattino, lo si ordina per un modico prezzo insieme ad un panino al formaggio o alla carne. Se ne prende ancora uno o due al lavoro, per iniziare bene la giornata, durante una pausa o per concludere un contratto. Lo si beve per ingannare la fame, per caricarsi di energia o per rilassarsi. Lo si assapora alla fine del pasto. Spesso è servito dal parrucchiere, dal barbiere o nei negozi ed è anche considerato un segno di benvenuto quando qualcuno viene in visita a casa vostra. «Il cafesinho è un protagonista fondamentale della vita sociale carioca, ma anche brasiliana» assicura Fabricìo.
Quali sono le caratteristiche del cafesinho? In primis ha una crema consistente ed all’olfatto emergono subito le note tipiche dei cereali tostati, della noce e del legno di sandalo. Quanto al gusto si diffonde un gradevole dolce-amaro. Da queste parti si preferisce gustare il cafesinho in tazza grande miscelando 25 ml di caffè espresso con 125 ml di acqua bollente. Si ottiene così un caffè lungo, dal sapore dolce e rotondo.
Popolare ed economico (4 real, poco più 1 euro. Più o meno la stessa cifra che si paga in Italia), non è però considerato una bevanda di bassa qualità: esistono, d’altra parte, dei “cafesinhos gourmets” serviti nei sontuosi locali del Centro, come nei ristoranti stellati della Rio à la page. Allora il rituale si arricchisce e la grande caffettiera in acciaio inox lascia il posto ad un’elegante caffettiera in argento a becco lungo con il manico in ebano. In un attimo, ecco apparire in tavola il Brasile della Belle Époque. «Più che un caffè è un momento di condivisione a cui i carioca sono molto affezionati» conclude Fabrìcio. E l’esercente si gira per prendere l’ordine di una giovane donna in tenuta sportiva: «Um cafesinho, por favor».